Milo, l'eruzione del 1950, tra storia e scienza

 

«Vorrei che i giovani capissero di non essere nati sotto un cavolo: dietro di noi ci sono persone che hanno vissuto, sofferto, amato, odiato, che hanno attraversato momenti difficili, affrontati ciascuno con gli strumenti che della propria epoca. Molti giovani continuano a vivere un presente che non esiste, perché il presente è una nostra impressione. Siamo sostanzialmente il nostro passato proiettano nel futuro e il presente è qualcosa che ci sfugge e ci sfuggirà sempre». Così il professore Paolo Sessa, sabato sera a Milo, nella suggestiva scalinata d’arte di largo dei Mille, al pubblico intervenuto per la presentazione del suo libro “L’Eruzione del 1950. Memorie e immagini di un evento”. Un incontro, presentato da Alba Morosini, che è stato un momento di condivisione della memoria collettiva, nella consapevolezza dell’importanza di conoscere la storia del luogo in cui si vive.

Con l’autore ne hanno parlato il giornalista Giuseppe Riggio e il direttore dell’Ingv di Catania, Stefano Branca. La proiezione di un filmato inedito con immagini d’epoca, realizzato dallo stesso Sessa, ha reso più vivida la tragedia vissuta dagli abitanti di Milo. «L’eruzione del 1950 – ha detto il direttore Branca - è l’evento che chiude la stagione di studi di eruzioni iniziata nella seconda metà dell’800 con l’arrivo a Catania di Orazio Silvestri: l’approccio che lui diede si trascinò sino alla prima metà del ‘900. Il mondo cambierà circa 10 anni dopo con l’arrivo del vulcanologo svizzero Alfred Rittman a Catania e con il cambio di approccio, non solo osservativo». Complicato, sul piano scientifico, il lavoro del vulcanologi negli anni ’50, difficile raccogliere i dati: mancava la rete geofisica di monitoraggio, si andava sul campo, si provava a fare una cartografia. Oggi i vulcanologi possono utilizzare osservazioni satellitari, elicotteri, droni e quant’altro. Resta grande, allora come ora, la responsabilità dei vulcanologi.


Tuttavia, ai milesi l’annuncio dell’eruzione fu data non dagli scienziati ma “Du babbu du paisi”, Alfio Garibaldi, inizialmente non creduto dai compaesani intenti a giocare a carte, così come ricostruito dal prof. Sessa nel libro. L’arte ha aiutato il pubblico a contemplare l’Etna, tra mito e storia, tramite una breve azione scenica con le voci di Nora Patuzzi e Umberto Naso (anche regista) e un video di Fabrizio Freni. Ciliegina sulla torta l’esibizione del cantastorie di Luigi Di Pino che ha narrato, con grande pathos, come i milesi vissero quei momenti drammatici, nel 1950.

Maria Gabriella Leonardi

Pubblicato sul quotidiano La Sicilia il 23 agosto 2021

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