Giarre, l'ospedale, le aspirazioni e la realtà

Oggi il governatore Musumeci in conferenza stampa con l'assessore Armao ha illustrato la drammatica situazione delle casse regionali. Nel tg regionale della Rai sentivo che la regione ha 8 miliardi di debiti di cui 3 con lo Stato e 5 con le banche. La strategia che si intende portare avanti è quella di trattare con lo Stato (con le banche temo non ci sia molto da trattare), il blocco delle assunzioni e altre azioni. In questo contesto mi pare difficile che il pronto soccorso di Giarre possa essere riaperto. Su La Sicilia di oggi ho letto del depotenziamento dell'ospedale (udite udite) di Bronte. E neanche quello di Paternò credo stia tanto bene. Credo che per un assessore alla salute o per il governatore muoversi in questo settore sia una terreno minato e ragionevolmente per incrementare qualcosa da qualche parte dovrebbe toglierla da qualche altra parte.
Per "noi che abbiamo a cuore Giarre" il punto non è riavere quanto avevamo prima (che era un pronto soccorso messo male e in cui la salute dei pazienti non era garantita), ma riavere un servizio migliore di quello di prima e per questo ci vuole un investimento significativo e soprattutto del personale che per essere presente a Giarre, allo stato attuale, dovrebbe essere tolto da altre parti. La vedo dura.
Con questo non voglio dire che la battaglia per il diritto alla salute non debba essere portata avanti ma che risultati se ne potranno vedere molto in là, TRA ANNI, se mai ve ne saranno e se la situazione della regione migliorerà. Forse una sentenza del Tribunale ordinario (c'è una causa in corso contro la chiusura del pronto soccorso portata avanti dalle associazioni) potrebbe dare una marcia in più. O forse no.
Questo è quello che penso e tutte le speculazioni politiche sull'ospedale non m'interessano. Mi potrei ricredere solo davanti a fatti compiuti.
Piuttosto la popolazione dovrebbe seguire di più la politica regionale e non essere così miope da non riuscire a vedere aldilà del proprio naso. Ma data l'affluenza alle urne dello scorso novembre non m'illudo.

Maria Gabriella Leonardi

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