Giarre, la solidarietà senza frontiere di padre Diego

Le frontiere di padre Diego Sorbello, parroco della comunità “San Francesco d’Assisi al Carmine”, vanno lontano, sia nel tempo che nello spazio. Innanzitutto, nel tempo: padre Diego  proprio quest’anno ha compiuto i 40 anni di servizio pastorale a Giarre. Non solo, proprio quest’anno ricorrono anche i 20 anni dell’inaugurazione del Centro Santa Chiara, ex carcere mandamentale di Giarre, storica struttura che la comunità parrocchiale ha adibito in parte a casa famiglia e in parte a centro operativo della Caritas seguendo ogni mese circa 150 le famiglie.
Ma le frontiere di padre Diego vanno anche lontano nello spazio: la comunità parrocchiale in questi anni ha finanziato progetti e realizzazioni in Albania, in India e, solo quest’anno, 8 micro realizzazioni in Eritrea: l’acquisto di 20 pecore per 20 famiglie (1500 euro); l’acquisto di 20 asini per il trasporto dell’acqua per 20 famiglie (2000 euro); l’acquisto di 10 buoi per arare per 10 famiglie (2500 euro); l’acquisto di 10 mucche per il latte e burro per 10 famiglie; il finanziamento di 10 corsi per imparare ad usare il computer (800 euro); il finanziamento di 10 corsi di taglio e cucito più 10 macchine per cucire (2000 euro); il pagamento di 10 affitti per 10 gruppi di 15/20 studenti (4000 euro); l’acquisto di materiale scolastico per 10 classi di 60/70 alunni (15mila euro). «Un anno fa abbiamo varato questo progetto – spiega padre Diego – che doveva durare tutto questo 2017. Già abbiamo inviato 20mila euro, adesso per Natale invieremo gli ultimi 10mila euro».
La generosità verso l’Eritrea è reciproca: dal 4 ottobre 2016, infatti, sono presenti nel convento “San Felice da Nicosia”, adiacente alla chiesa, tre frati cappuccini eritrei che operano nelle attività pastorali della comunità. Una presenza che ha ridato vivacità alla parrocchia, in un’epoca di crisi delle vocazioni. La solidarietà verso l’Eritrea – come spiega padre Diego - «E’ un modo per contraccambiare, in modo molto modesto, il grande dono dei tre confratelli cappuccini e risponde anche all’esigenza di sovvenire alle necessità di un popolo, quello eritreo, che vive in condizione di vera schiavitù perché privo della libertà fondamentali e bisognoso di generi di prima necessità».
Nel 2016 si era concluso il progetto in India che ha comportato 5 viaggi di padre Diego nel sub continente. Lì, grazie alla solidarietà della comunità parrocchiale, sono stati realizzati 3 grandi ostelli, 3 scuole e – per 11 anni – sono state sostenute 300 adozioni a distanza di 150 euro ciascuna, per una somma complessiva di ben 700mila euro.
Prima ancora, negli anni ’90 la comunità di padre Diego aveva sostenuto dei progetti in Albania, appoggiando l’attività del sacerdote missionario Carmelo La Rosa. Padre Diego per questi progetti di sostegno si è recato in Albania ben 10 volte.
Insomma, chi in Italia ripete la frase fatta “Aiutiamoli a casa loro”, dovrebbe venire a prendere lezioni qui.
«Siamo convinti che il mondo dei bisogni cresce nella misura che diminuisce, soprattutto nelle comunità cristiane, il senso di una vera carità», ha scritto padre Diego in una lettera aperta alla sua comunità: «Il mio primo auspicio al compiersi di questi 40 anni – prosegue – è che questa nostra famiglia parrocchiale non perda mai questo senso di versa carità che, evidentemente, non consiste solo nella realizzazione di questi segni, ma anche e soprattutto nella stima e benevolenza reciproche».
La comunità parrocchiale in questi 40 anni ha vestito il saio sobrio di San Francesco, facendo a meno di tante spese inutili per dedicare energie e risorse ai poveri. Una generosità che, innanzitutto, è stata verso i bisognosi di Giarre: negli anni ’90 sono iniziate le trattative con il comune per avere la gestione dell’ex carcere di corso Sicilia, inaugurato il 2 ottobre 1997, ed è il fiore all’occhiello della famiglia parrocchiale.
Da 20 anni, all’interno del Centro Santa Chiara vive ed opera la casa famiglia “Madonna della Provvidenza della comunità “Papa Giovanni XXIII”, che accoglie bambini in difficoltà. Nella stessa struttura, la caritas parrocchiale  “Beato Paolo VI” gestisce il reparto “Assistenza bisognosi”, aperto 4 giorni la settimana. Il reparto è rifornito dal banco alimentare e dalle donazioni dei parrocchiani, soprattutto quelle dell’ultima domenica di ogni mese. Il reparto riceve e ridistribuisce vestiti usati e qualsiasi altro utensile. E’ aperto a chi si trova in difficoltà, ma tutti i beneficiari sono censiti, anche perché tutto quanto viene dato deve essere documentato al banco alimentare.
MGL
10 dicembre 2017











Il Carmine non è né un quartiere periferico né povero, se si eccettuano le case della ex via Carducci dove vi sono famiglie in difficoltà. Anzi, nel Carmine si trova il "Parco degli ulivi" ove risiedono tra i più benestanti di Giarre. Ma il Centro Santa Chiara è un osservatorio speciale su tutta la città che va oltre i 3500 abitanti effettivi della parrocchia. E da questo osservatorio padre Diego ha un’idea chiara su quanto è accaduto a Giarre. «La povertà è aumentata – dice - . Ci sono molti poveri, anzitutto “di testa”: nessuno più si priva del telefonino. Molti giocano, e la dipendenza dal gioco è brutta. Poi c’è la dipendenza dalla malavita: se si arricchisce chi opera nella malavita si impoveriscono gli altri. Quante famiglie di carcerati conosco. Dove c’è molta ricchezza di contro c’è molta povertà, si è divaricata la forbice tra poveri e ricchi».
Ma la povertà più grande che vive la parrocchia è il capitale umano: mancano infatti i giovani. «Mancano spesso dei valori essenziali – dice di loro padre Diego - vivono secondo quanto gli viene proposto dal mercato ma non avendo il valore sommo che è Dio mancano dei valori più importanti. Non capiscono cos’è l’impegno per gli altri. Una volta si riceveva un aiuto enorme dai giovani, nelle parrocchie, nelle associazioni. Oggi non si muove nessuno. Si è di molto ridotta la loro frequenza: i giovani nelle parrocchie sono ridotti al lumicino, sia nelle associazioni che nelle assemblee domenicali. Danno quello che attingono e attingono dai social, da cui dipendono».
Cambiata in questi 40 anni anche la fisionomia delle famiglie: «Tranne qualche caso, famiglie numerose non ce ne sono più e la denatalità riguarda tutte le fasce sociali, anche le meno abbienti che una volta facevano tanti figli». Quello che non è venuta meno è la generosità della parrocchia: «Chi donava -dice padre Diego - continua a farlo: senza la collaborazione di tutta la famiglia parrocchiale non si sarebbe potuto realizzare nulla».



Sono i giovani il cruccio maggiore di chi opera nella parrocchia. Lo conferma la dott.ssa Maria Grasso, coordinatrice dei volontari della Caritas. «Siamo tanti come volontari, una trentina, ma ci vorrebbe il ricambio che, purtroppo non c’è. Qualche giovane è venuto ad aiutare per la colletta alimentare, ma niente di più».
La Caritas sta organizzando questo mese diverse attività per raccogliere fondi: nelle domeniche 10 e 17 allestirà dei gazebo in piazza Carmine con l’esposizione di dolci. Ha realizzato anche il mercatino “Madre Teresa di Calcutta”, in via Ucciardello 4, in cui, dal 12 al 22 dicembre, si possono acquistare oggetti vari; è possibile trovarvi oggetti nuovi e realizzazioni artigiani, offerti dalla comunità e dai fratelli indiani.
Complessivamente la Caritas assiste 530 persone e per questo numero riceve rifornimenti dal banco alimentare. Poi ci sono altre persone che passano: zingari, immigrati, più difficili da gestire e seguire.
«Quello che serve – dice la dott.ssa Grasso - è “manovalanza”, soprattutto per i rifornimenti al banco alimentare di Piano Tavola. E’ un problema ci sono ogni mese da caricare 1800-2000 kg e i nostri volontari, avanti negli anni, devono caricare tutto questo peso e poi scaricarlo a Giarre».
Questo mese è previsto un minore quantitativo, solo quanto raccolto dalla colletta alimentare di novembre e si prevede di ricevere solo 1000 kg.
Tuttavia, come spiega la dott.ssa Grasso: «La buona volontà dei nostri parrocchiani non è mai venuta meno. Malgrado la crisi e l’impoverimento generale, non è diminuito l’interessamento della comunità verso i poveri».


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