Continua il presidio dinanzi al casello autostradale

Non mollano i manifestanti del presidio che si trova dinanzi al casello autostradale di Giarre e, sino a ieri sera, erano determinati a portare avanti la protesta ad oltranza. Accanto ai tir, ai furgoni e alle auto parcheggiate davanti al casello è stato allestito anche un gazebo, la sera, per riscaldarsi, viene acceso un fuoco. Oggi la protesta continua: i rifornimenti per i vigili del fuoco o per il 118, i mezzi che portano alimenti per bambini potranno passare. Ma il cittadino comune, neanche oggi, con ogni probabilità, potrà rifornirsi di carburante alle pompe di benzina. I distributori sono tutti chiusi. Per strada ci sono poche auto, c’è meno gente in giro e tra i commercianti c’è chi esprime disappunto per il calo di vendite che sta registrando in questi giorni. Ma se nelle strade non c’è il consueto traffico, in compenso ci sono montagne di sacchetti di rifiuti che si sono accumulate in questi giorni in cui la raccolta non è stata effettuata perché i camion della nettezza urbana hanno finito il carburante.
«Da domani (oggi per chi legge) questa non sarà più una protesta di categoria ma la protesta del popolo siciliano» dice il prof. Salvo Musumeci, studioso della storia della Sicilia che spiega cosa chiedono i manifestanti: «Se fosse stato applicato lo statuto siciliano la Sicilia sarebbe stata confederata con l’Italia. Con l’applicazione degli articoli 36, 37 e 38 cambierebbero di molto le sorti economiche della Sicilia. La protesta – continua Musumeci – nasce dal non poter comprendere perché in Valle d’Aosta,  ove non si produce e non si raffina petrolio, la benzina si paga molto meno rispetto a qui ove estraiamo il 20% del fabbisogno nazionale e raffiniamo il 60% del fabbisogno nazionale».
Giuseppe Battiato, trasportatore, conosciuto nel suo ambiente col nome di “cioccolata”, ci tiene a fare una precisazione: «in tv si sente dire che nei vari presidi di protesta ci sono infiltrazioni mafiose: chi lo dice venga a constatare chi siamo e vedrà che siamo liberi cittadini che reclamiamo i nostri diritti».
Tanti i giovani presenti nel presidio, con tante ragionevoli ragioni per protestare. Loro sono quelli che non sono partiti da questa terra, come invece, hanno voluto o dovuto fare tanti loro coetanei. E questo è quello che dicono: «siamo diplomati e siamo senza lavoro, vogliamo lavorare con dignità, in regola e non in nero» dice Luca Longhitano. «Sono diplomata contabile indirizzo turistico – racconta Miriam Patanè – ho lavorato mentre andavo a scuola ma non sono mai stata messa in regola. Ho inviato curriculum per cercare un lavoro ma mi sono sentita dire che “prendono solo tirocinanti”, perché non li devono pagare. Ho fatto anche la domanda per fare il servizio civile, ma sapevano già chi dovevano prendere». «Quando potremo formarci una famiglia? – aggiunge Giovanna Cutuli – studiamo e facciamo sacrifici inutili».
Maria Gabriella Leonardi

21 gennaio 2012

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