Presentato in Consiglio il progetto del parco dell-incompiuto siciliano

Trasformare le tribune del campo di atletica/polo in un giardino pensile che per la sua estensione sarebbe il più grande d’Europa, visibile pure da Google maps. Circondare l’edificio della bambinopoli del parco Chico Mendez con una sorta di laghetto e monumentalizzarlo. Trasformare lo scheletro di quello che avrebbe dovuto essere il Centro polifunzionale di Trepunti nella sede dell’Osservatorio nazionale sulle opere incompiute. Sono solo delle ipotesi – è bene precisarlo- ma che rendono l’idea di cosa vuole essere il progetto del Parco archeologico dell’incompiuto siciliano: ridare un’altra vita alle incompiute giarresi in una modalità che non sia un’ulteriore beffa per la città, di cui nessuno sente il bisogno. Gli ideatori, il collettivo artistico Alterazioni video e Claudia D’Aita, includerebbero nel parco solo quattro opere il cui completamento o demolizione fosse non più conveniente. Il parco diventerebbe un’attrattiva della città e a gestirlo il parco potrebbe essere una fondazione.
Giovedì il progetto (che va avanti da un paio d’anni) è stato presentato in Consiglio comunale. «E’ un’idea forte, difficile da veicolare- ha affermato il sindaco Teresa Sodano – l’amministrazione si impegna a completare le incompiute, esse stanno diminuendo. Ne restano 3 o 4 su cui decidere se avviare questo percorso. Ma l’idea deve passare attraverso la città». «Queste opere rappresentano l’illusione di un progresso che non c’è mai stato e che è stato pagato a caro prezzo – ha spiegato Andrea Masu di Alterazioni video – bisogna riprogettare il passato per una nuova prospettiva di sviluppo, sostenibile per l’ambiente e le persone». L’arch.Marco Navarra aggiunge:«occorre ricostruire il legame che si è perduto tra queste incompiute e la città. Sono una risorsa per un’idea di riqualificazione della città». «Si tratta di fare in modo che queste architetture, per noi negative, vengano percepite come nuove» soggiunge il critico d’arte Rosalba Longhitano. «Non si tratta di traghettare queste opere da un limbo all’altro- spiega Claudia D’Aita– ma di rivivificare queste opere pensando anche a nuove destinazioni d’uso, storicizzare un fenomeno per prendere le distanze da un passato che non ci appartiene».
Il progetto è stato apprezzato sia dalla maggioranza che dall’opposizione.
Maria Gabriella Leonardi
19 settembre 2009

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