Le case popolari dei conti in rosso: Catania riscuote solo un affitto su dieci


Pubblico questo interessante articolo di Sergio Rizzo (giornalista del Corriere della Sera autore insieme a Gian Antonio Stella del celebre libro "La casta") riguardante le Iacp perchè li ritengo interessante anche per la situazione giarrese sia riguardo agli alloggi incompiuti, sia riguardo alla manutenzione degli alloggi abitati.
MGL

La notizia è dentro una ricer­ca fatta dal Censis e Federcasa con Dexia Crediop: alle case popolari di Catania chi paga l’affitto è una mosca bianca. La moro­sità aveva raggiunto nel 2006 il 92,5%. Su 8 milioni 617.680 euro di canoni lo Iacp del capoluogo etneo ne aveva incassati in un anno intero 644.376. Una miseria. So­prattutto considerando il costo medio del­­l’affitto: 67 euro al mese. Una situazione oltre i limiti dell’incredi­bile, che non si spiega soltanto con l’abusi­vismo dilagante, ai livelli più alti d’Italia. Su 10.003 alloggi popolari, a Catania ce ne sono 2.386 occupati abusivamente. È il 23,9% del totale. Un record nazionale bat­tuto soltanto da Palermo, dove le case po­polari occupate da inquilini senza titolo per starci sono circa 3.000, ossia il 27,3% del totale.
LA SCHEDA: guarda la situazione in tutta Italia

Di fronte a questo stato di cose sarebbe logico aspettarsi che qualcuno si rimboc­casse le maniche. E non che invece, come sta accadendo in Sicilia, si discutesse di poltrone. Cento, per l’esattezza. Il caso è stato sollevato alla Regione da due «depu­tati» regionali del Popolo della libertà, Marco Falcone e Pippo Correnti. Sono sta­ti loro a denunciare l’imminenza di una ondata di nomine agli Istituti autonomi delle case popolari siciliani. Gli enti sono dieci (uno per provincia più quello di Aci­reale), ognuno dei quali con dieci posti in consiglio di amministrazione: tre nomina­ti dalla Provincia, tre dai sindacati, due da­gli assessorati al Lavoro e ai Lavori pubbli­ci, uno dalle associazioni degli inquilini e l’ultimo dagli ordini professionali. Una lot­tizzazione con il bilancino, dove al solito sono i politici a fare la voce grossa. Un ca­so per tutti: alla presidenza dello Iacp di Catania c’era fino a poco tempo fa Vincen­zo Gibiino, parlamentare in carica eletto con il partito di Silvio Berlusconi.

Il fatto è che la Sicilia è praticamente l’unica regione a trovarsi in questa situa­zione. Nell’isola la riforma del 1998 che ha spazzato via gli Iacp in quasi tutta Italia, passando la competenza alle Regioni e tra­sformandoli in aziende con un consiglio di amministrazione al massimo di cinque componenti, non è mai stata attuata. I vec­chi istituti per le case popolari sono so­pravvissuti a ogni timido tentativo di cam­biamento. Nei mesi scorsi il presidente della Regione Raffaele Lombardo ha sosti­tuito i presidenti con commissari ad acta. E ora sono partite le grandi manovre per rinnovare completamente i consigli di am­ministrazione.

Uno scandalo, anche secon­do il sindacato guidato da Guglielmo Epi­fani. Hanno denunciato Michele Palazzot­to e Antonio Crispi della Cgil: «Gli Iacp rappresentano terreno di conquista per politici di ritorno e clientele politico affari­stiche. In Sicilia ogni istituto ha ben dieci consiglieri, fra cui un presidente e un vice­presidente, tutti con status giuridico, in­dennità, diritto all’aspettativa e spese di missione». Di che cifre si sta parlando, lo spiega Falcone: «Con una legge regionale del 2008 gli emolumenti dei vertici degli Iacp siciliani sono stati parametrati a quelli dei vertici delle Province. La retribuzione del presidente di ognuno dei dieci istituti è pari al 75% di quella del presidente della Provincia». Facendo i conti, non meno di 7.500 euro al mese. «Lo Iacp di Catania, per esempio, potrà arrivare a costare 50 mila euro al mese per i compensi degli am­ministratori», sostiene il deputato regio­nale del Pdl. «L’esperienza dice che dove i vecchi Iacp sono diventati aziende e i consigli so­no stati ridotti a tre, al massimo cinque componenti, si riesce a gestire il servizio senza contributi pubblici e magari otte­nendo qualche piccolo utile. La Sardegna, per esempio, ha chiuso i vecchi Iacp e li ha riuniti in una sola azienda. In Liguria hanno fatto la scelta dell’amministratore unico. Come nelle Marche», dice Luciano Cecchi, il presidente di Federcasa, l’asso­ciazione che riunisce gli istituti riformati.

Non che i problemi manchino neppure dove la legge del 1998 è stata attuata. Nel Comune di Roma, per esempio, le case po­polari occupate abusivamente sono 5.863, l’11,1% del totale. A Milano, invece, 3.409, il 5,2%. E se a Palermo la morosità, pur no­tevolmente inferiore a quella di Catania, raggiunge comunque la vetta del 34,7%, a Roma si arriva al 41,2%, con 21 milioni di euro non incassati ogni anno, e a Cagliari si tocca il 44%. Ben più che a Torino (32,5%), e addirittura a Napoli, città nella quale non si riscuote circa il 24% degli af­fitti delle case popolari. Mentre a Milano la morosità è al 10,2%, ma fra il 2001 e il 2006 è raddoppiata.

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