"Ma si deve pensare alle scorie nucleari"

Catania. Dopo 21 anni in Italia si torna a parlare con ampia eco del nucleare, ma spesso si dimentica il fatto che sono siciliani tre dei cinque siti scelti sul territorio nazionale per il deposito dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali del italiane dismesse dopo il referendum dell'8 novembre 1987. Il più famoso di questi siti - per via delle dure proteste fatte dalla comunità locale cinque anni fa - è Scanzano Jonico, gli altri sono Assoro-Agira, Salinelle e Resuttano, in provincia di Enna, e Fiume Neto (Cr). Fanno luce sull'argomento il dottor Santo Gammino e il dottor Giovanni Ciavola, rispettivamente primo ricercatore e dirigente tecnologo presso i Laboratori nazionali del sud dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di Catania.
«La Sogin (Società gestione impianti nucleari) azienda del gruppo Enel - spiega Gammino - ha l'esclusiva in Italia per le attività relative al nucleare, la gestione delle scorie e la sicurezza. Nel 2003 ha compiuto uno studio per la localizzazione di siti per il deposito nazionale centralizzato dei rifiuti radioattivi, individuandone cinque di cui tre in Sicilia. Dei 45 siti studiati 36 erano in Sicilia: si tratta spesso di miniere con un notevole spessore delle pareti che le rende idonee per schermare completamente le radiazioni».
Le scorie delle quattro centrali nucleari italiane (non operative dal 1987) attualmente sono trattate in Francia, ma tra il 2012 e il 2025 ritorneranno in Italia; i tre siti siciliani, stando così le cose, sono candidati ad ospitarle. A seguito delle proteste popolari di qualche anno fa a Scanzano Jonico il progetto è stato messo a mollo e non ripreso dai vari governi, ma prima o poi la questione dovrà essere affrontata. In ogni caso, spiegano i ricercatori: «Ogni centrale produce scorie e se si considera l'ipotesi di realizzare nuove centrali nucleari si deve pensare anche al trattamento delle scorie».
Il problema può e deve essere risolto: «Più che al deposito bisogna pensare a tecnologie che trattano le scorie, riducendone la pericolosità - aggiunge Gammino. E' già disponibile questa tecnologia grazie a un progetto proposto in Italia da Carlo Rubbia e avviato dieci anni fa dall'Infn e dall'Enea, ma non completato a causa della carenza di fondi per la ricerca: si tratta di un acceleratore per la trasmutazione delle scorie».
In questo progetto i due ricercatori catanesi hanno avuto una partecipazione di successo con la realizzazione del primo apparato di grande complessità. L'impianto completo tratterà le scorie producendo più energia di quella che consuma: l'Italia risparmierebbe i soldi che adesso dà alla Francia per trattare le scorie e potrebbe, a sua volta, guadagnarci trattando le scorie altrui, o esportando questa competenza industriale.
Secondo il dott. Ciavola, «sapendo cosa fare delle scorie che saranno prodotte, si può riproporre il nucleare come fonte di energia, dato che della sicurezza intrinseca degli impianti non c'è da preoccuparsi».
Maria Gabriella Leonardi
(pubblicato su LA SICILIA del 30 maggio 2008, pag.12)

Commenti

Il cane di Jack ha detto…
Avevo già letto il tuo articolo e lo avevo trovato molto interessante. Il guaio di questa nostra terra è che persone così preparate non vengono sufficientemente valorizzate e le cattedre e i finanziamenti si finisce con il darli ai soliti cialtroni.
Un caro saluto e brava!
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